I 5 pilastri del fitness traggono spunto dall’opera di Toyota e del Toyota Production System, sistema di produzione implementato nel dopoguerra per massimizzare la produzione e, tecnicamente, per fare di più con meno.
Le industrie Toyota si trovarono a dover competere con quello che era il colosso Ford in un momento di forte crisi. La reazione fu quella di una gestione più responsabile e autonoma del personale, e l’implementazione delle 5S, ossia dei 5 pilastri del visual workplace, che hanno in seguito ispirato infiniti campi applicativi e tra questi il fitness.
Per quanto riguarda il fitness il tutto è servito anche come ispirazione per la nascita del Fitness Motivazionale, nel quale in buona sostanza sono tradotti i medesimi principi. Si tratta di un approccio utile sul piano imprenditoriale (qui non analizzato), ma anche sul piano dell’utente che intende iniziare ad allenarsi per le prime volte. I 5 pilastri in questo caso sono:
Separare: separarsi dalle vecchie abitudini, sia intese come sedentarietà e cattivi stili di vita, che per quanto riguarda gli alibi autossolutori che allontanano dalla pratica sportiva, secondo i quali si finisce col ripetersi che è troppo tardi, troppo difficoltoso, che tutto sommato va bene così. Separarsi da una visione pessimistica è il primo passo.
Riordinare: implica prendere consapevolezza delle reali tempistiche per il raggiungimento di un risultato. La prima causa di abbandono è data dal vedere disattesi i propri obiettivi, non raggiungibili, non verosimili, non collocati correttamente su un asse temporale. E’ forse lo step più complesso, che richiede di prendere atto dell’esistenza di adattamenti a breve, medio e lungo termine. Il maggiore tasso di abbandono si realizza non a caso da parte di soggetti in sovrappeso, inconsapevoli delle corrette tempistiche, ma anche del verificarsi di adattamenti non immediatamente apprezzabili sul fronte estetico.
Fare pulizia: Occorre liberarsi di tutto il superfluo, il superfluo è un freno emotivo al cambiamento, un’ancora verso il passato. Molte persone dopo essere dimagrite conservano ancora nell’armadio i vecchi vestiti, stanno dimostrando di non credere alla nuova fisicità.
Standardizzare e Rispettare le regole: sono gli ultimi punti, si tratta di strategie finalizzate a implementare una procedura di rispetto delle regole nel lungo periodo. Spesso è un punto sottovalutato, si può assolvere anche con un “banale” diario di allenamento, in cui non tenere traccia di elementi quantitativi ma qualitativi (si veda il video sottostante o al link https://youtu.be/w8B-PEW5G48).
Chi non abbandona l’allenamento, anche in momenti di difficoltà assolve in qualche modo al Pincipio di Pareto, conservando pur con minore intensità, la gran parte dei risultati acquisiti, rallentando l’inevitabile detraining che sarà in ogni caso legato per intensità e caratteristiche al livello di adattamenti precedentemente raggiunti.
La forza può essere conservata anche con stimoli rarefatti, purchè di elevata intensità, mentre più difficoltoso è evitare le compromissioni metaboliche come la resistenza insulinica e l’assetto lipidico.
La memoria muscolare è un altro aspetto fondamentale, sebbene sia un elemento controverso, probabilmente proprio per via di una semplificazione lessicale che, come altre (es.: sciogliere i grassi), induce confusione.
Occorre in primo luogo chiarire se per memoria muscolare si intende il processo di apprendimento motorio o la capacità del muscolo di tornare alle dimensioni fisiche possedute inizialmente. L’apprendimento motorio procede per tappe, le prime volte i gesti richiedono un controllo vigile che impiega i centri di controllo corticali. Successivamente l’automatismo acquisito sposta il controllo nelle aree sottocorticali.
Nell’allenamento tale fase di apprendimento è anche un limite all’espressione della forza, per la mancata possibilità di ottimizzare la capacità di reclutamento (uno degli elementi che regolano l’espressione della forza). Col tempo tali aspetti migliorano e la forza incrementa sino al punto da determinare una successiva sollecitazione ipertrofica.
La ripresa degli allenamenti dopo periodo prolungati di stop consente di sfruttare l’apprendimento pregresso e quindi tornare rapidamente a livelli di forza precedentemente posseduti. Quello che la ricerca suggerisce va però ben oltre, e affonda le sue radici su aspetti epigenetici. Emerge infatti che l’allenamento opera sul DNA una sorta di “salto di livello”, rendendolo per sempre più propenso a nuovi adattamenti ipertrofici. Quindi un muscolo più predisposto a riacquisire la propria ipertrofia.
Inoltre dati recenti evidenziano che la crescita muscolare (come noto) si accompagna ad un incremento di nuclei nervosi per ciascuna fibra muscolare, con l’intento di aumentare la sintesi proteica. Anche l’atrofia indotta dal termine degli allenamenti o da infortuni, non fa scomparire tali nuclei ma li pone in una fase “dormiente”, potendo quindi partecipare attivamente a nuovi livelli ipertrofici se stimolati anche a distanza di tempo.
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