Modificare la genetica con alimentazione e allenamento

Molto spesso nel settore del fitness si parla di genetica come risposta a successi e insuccessi. La genetica rappresenta certamente un limite ma per molti aspetti è un limite, se non teorico, certamente modulabile.

Occorre chiedersi se sono io a non cambiare per via della genetica o se è la genetica a non modificarsi perché sbaglio qualcosa. Affermare che un risultato lo si ottiene o non lo si ottiene per via della genetica significa che il nostro genoma produce o non produce dei prodotti per noi utili al fine della perfromance sportiva.

Ma quesro non riguarda solo la performance poiché la maggior parte delle persone ricerca soprattutto una condizione di fitness intesa come “limitazione del grasso corporeo”.

Ci aspettiamo una implicazione genetica, e certamene è presente, attendendoci una influenza ormonale ma non solo, anche cicli cellulari che governano a cascata il metabolismo e il consumo energetico, quindi l’intero assetto metabolico.

Ebbene, quello che sino a qualche tempo fa si pensava fosse non modificabile, oggi sappiamo che può subire interferenze per tramite dell’alimentazione e dell’attività fisica che possono non solo modulare l’espressione genica ma perfno farla ereditare alle future generazioni.

Se il mio organismo non produce una specifica proteina, un ormone, un enzima, un recettore, o non lo fa nella misura opportuna, tralasciando questioni correlate all’ambito delle mutazioni in senso stretto o delle patologie (primarie e secondarie), potrebbe esserci tra i responsabili un blocco, tecnicamente un ingombro, o meglio una metilazione.

Stiamo entrando nel campo dell’epigenetica, ossia di qualcosa che è letteralmente sopra la genetica, che non crea quindi modifiche nel DNA, ma ne influenza i prodotti.

Qui occorre aprire una piccola parentesi, il DNA contiene le informazioni che riguardano un individuo, tali informazioni constituiscono il genotipo, rappresentano il manuale secondo cui il soggetto sarà assemblato: dal colore degli occhi, ad altri aspetti che lo caratterizzano, ossia il fenotipo.

Se il DNA è tecnicamente il progetto, l’individuo è il risultato, con anche eventuali falle o problemi di progettazione, alcuni dei quali subito evidenti, altri che potrebbero restare silenti per molto tempo o perfino non manifestarsi mai.

Il DNA quindi contiene un gran numero di informazioni rachiuse nei cromosomi, che rappresentano i volumi di questo enorme manuale. Ciascun cromosoma è a sua volta rappresentato da più geni, e ciascun gene è un capitolo specifico del progetto. Proprio i geni contengono le informazioni per sintetizzare un gran numero di proteine che hanno funzioni specifiche.

Ad esempio la cpacità di scindere il lattosio è possibile grazie al gene che codifica per la lattasi, un enzima che ha il compito di scindere il disaccaride. Se c’è un problema legato a tale gene, si determinerà un deficit enzimatico che causerà una specifica intolleranza al lattosio.

Ci sono tuttavia altri tipi di errori dovuti al fatto che le cellule replicano in continuazione, la possibiliotà di un errore nella trasmissione delle informazioni è elevata. Non a caso l’organismo dispone di tutta una serie di meccanismi per riparare gli eventuali errori e, nel caso non fosse possibile, sopprimere o indurre all’apoptosi (suicidio altruistico)la cellula dannaggiata.

Non sempre questo meccanismo è così efficace, e capita che alcuni errori non vengano corretti. Sono sufficienti piccoli errori per generare modifiche enormi che vanno sotto il nome di mutazioni. Sebbene le mutazioni creino problemi e siano perfino incompatibili con la vita del soggetto, queste permettono anche la nascita di soggetti che meglio si adattano all’ambiente, creando una evoluzione della specie che si trasmette alle successive generazioni.

Di norma tutti conosciamo eventi negativi che possono determinare mutazioni avverse, molti di questi sono connessi con gli stili di vita, e in particolare con alimentazione e attività fisica.

Quello che mangiamo può interagire con i meccanismi di riparazione del DNA prevenendo la nascita di gravi anomalie come i tumori. Alcune carenze nutrizionali possono di fatto mimare delle mutazioni avverse perché non partecipano alla riparazione del DNA. Si tratta soprattutto di prodotti antiossidanti, vitamina C, resveratrolo, i fitochimici e i polifenoli in genere, come carotenoidi, tannini, ecc.

Altre volte è la presenza di elementi che inducono alterazioni a promuovere un problema, come nitriti, nitrati, idrocarburi policiclici aromatici, acrilammide, tutto questo promuove la nascita di mutazioni ed eventi avversi. Lo stesso accade con l’attività sportiva, dove ad esempio un eccesso di radicali liberi può favorire l’ossidazione delle membrane cellulari, portare a delezioni mitocondriali, e naturalmente interferenze di tipo genetico.

Viceversa buoni livelli di attività fisica innescano un maggiore adattamento a questi prodotti e anzi migliorano i sistemi enzimatici di risposta, migliorando e prevenendo la salute del soggetto. La cosa più interessante legata ad alimentazione e attività fisica resta correlata alla loro capacità di operare silenziando o riattivando l’espressione genica, in pratica agiscono come interrittori sul DNA.

Proprio la nutrigenetica e la nutrigenomica studiano le ripercussioni dell’alimentazione sul genoma umano. Quando si sente parlare di curcumina, caffeina, ecc. sono ad esempio anche questi prodotti che, sebbene ad uno stadio sperimentale, possono agire proprio in tale direzione.

Lo fanno inserendo o eliminando (a seconda dei prodotti presi in considerazione) un ostacolo che impedisce la lettura di uno specifico gene, e non permette quindi la sua espressione. Si parla tecnicamente di metilazione. Anche lo stress ossidativo citato prima, ha i medesimi effetti ed è capace di azioni di up e down regolazione. Questa regolazione avviene in buona sostanza con azioni di metilazione (creano un ingombro sulla citosina), mediante RNA non codificanti, e attraverso il rimodellamento della cromatina.

Uno dei problemi maggiori quando si utilizza anche un banale prodotto alimentare (integratori) con alte concentrazioni di principi attivi, rimane l’imprevedibilità della soggettiva risposta, potendo agire in modo non del tutto prevedibile a livello genico individuale.

Esempi semplici di come l’attività fisica può agire in termini epigenetici riguardano l’espressione di specifici trasportatori del colesterolo, non a caso –tralasciando altri elementi metabolici- l’attività fisica agisce in termini di riduzione del rischio cardiaco e aterosclerotico. Esercita quindi un diretto effetto demetilante attivando espressioni geniche viceversa silenziate.

L’azione demetilante dell’attività fisica stimola l’incremento di proteine coinvolte nel metabolismo lipidico, e numerosi studi su gemelli omozigoti lo confermano.

Obesità materna e paterna, o altri stili di vita come il fumo, si trasmettono alla prole sino alla terza generazione, ed è questo un meccanismo evolutivo connesso con l’intento della natura di preparare preventivamente la prole all’ambiente che troverà alla nascita.

In termini estensivi infine, si parla di epigenetica anche in rapporto al microbiota intestinale, estensivo nel senso che si tratta di una parte rilevante del corpo, classificabile come organo accessorio, che comunica per altro con i medesimi mediatori chimici del sistema nervoso. I batteri che colonizzano l’area intestinale hanno naturalmente un loro patrimonio genetico, definito microbioma, ritornando ancora una volta a concetti di natua genetica.

Video dell’evento CorporeSapiens con il mio intervento sulla modifica dell’assetto genetico attraverso alimentazione e allenamento

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