Stress, ansia e sintomi depressivi, e se fosse colpa dell’alimentazione?

Diversi studi hanno ipotizzato una relazione tra dieta, infiammazione sistemica e disturbi depressivi. Premesso che la depressione è un disturbo complesso e con molteplici fattori eziologici, per quanto riguarda stress, ansia e sintomatologia depressiva, un ruolo importante riguarda le alterazioni neurobiologiche, genetiche, ambientali e psicosociali.

L’ipotesi relativa al ruolo dell’alimentazione si basa su differenti approcci, inizialmente basati in modo prevalente sull’aumento della permeabilità intestinale che può facilitare un processo infiammatorio sistemico[1]. Questo stato di infiammazione cronica è stato collegato allo sviluppo di sintomi depressivi e sono stati proposti approcci dietetici come possibili trattamenti, tra cui la dieta di eliminazione-rotazione, con monitoraggio degli effetti a livello infiammatorio e dei miglioramenti dello stato emotivo.

Più recentemente, con evidenze e plausibilità biologica più robusta, si è individuato nel microbiota intestinale (fortemente influenzato da alimentazione e attività fisica) un possibile modulatore dello stato emotivo e della capacità di reagire alle condizioni di stress (resilienza).

Il microbiota intestinale (ossia l’insieme delle colonie batteriche residenti) regola infatti tra l’altro lo sviluppo e il funzionamento del sistema nervoso e può contribuire alle manifestazioni neuropsichiatriche. I meccanismi d’azione comprendono le vie metaboliche, immunitarie, endocrini e neuronali. Studi su modelli murini e pazienti umani mostrano connessioni marcate tra il microbiota intestinale e i comportamenti sociali ed emotivi. I batteri intestinali quindi, per tramite dell’asse microbiota-intestino-cervello regolano la neurochimica cerebrale, la neurotrasmissione, la neuroinfiammazione e la segnalazione neuroendocrina. L’alterazione di questo sistema determina una ricaduta su tutti gli altri, e in particolare la manifestazione di anomalie neuropsichiatriche[2] . Sebbene la psiconeuroimmunobiologia insegni che vi siano conseguenze estremamente più complesse e con ricadute significativamente impattanti.

Il  microbiota intestinale influenza l’impatto dello stress, le condizioni di ansia e i sintomi associati alla manifestazione depressiva, ma le relazioni sono di tipo circolare, poiché anche l’ambiente sociale di un individuo impatta sul suo microbiota.  La ricerca mostra che alcune terapie a base di prebiotici e probiotici, hanno avuto riscontro nel trattamento di diverse condizioni cliniche, e conferma che man mano che ci si trova in condizioni di stress più elevate e con cambiamenti inidonei nella dieta, aumentano i rischi per l’approccio comportamentale e la salute psicologica dell’individuo[3].

Gli psicobiotici in particolare, una classe di batteri specifica e facente parte della più ampia famiglia dei batteri intestinali, esercitano effetti benefici sulla salute mentale, e sono un campo promettente per nuovi approcci terapeutici nei disturbi psichiatrici. Gli psicobiotici agiscono attraverso vari meccanismi, inclusa la modulazione dell’asse intestino-cervello, l’alterazione della produzione neurochimica e la regolazione della risposta immunitaria. Ricerche hanno dimostrato che specifici ceppi di batteri probiotici possono influenzare l’umore e ridurre i sintomi di ansia e depressione.

L’alimentazione gioca un ruolo cruciale nella composizione e nell’attività del microbiota intestinale e, in linea generale, una dieta ricca di fibre, polifenoli e acidi grassi omega-3 favorisce la crescita di batteri benefici, migliorando così l’efficacia degli psicobiotici. Al contrario diete ad alto contenuto di grassi saturi e zuccheri possono compromettere la diversità e la funzionalità del microbiota, riducendo potenzialmente gli effetti benefici degli psicobiotici, oltre a poter agire nel favorire una eccessiva permeabilità intestinale e quindi uno stato infiammatorio (come chiarito inizialmente).

Se si considera quanto lo stress a sua volta possa essere una delle prime cause per le quali si è spinti a ricercare nel cibo delle forme di compenso e di ricompensa, attenuando l’ansia mediante l’attivazione dei circuiti dopaminergici e l’innesco di vere e proprie forme di dipendenza, emerge ulteriormente l’importanza di agire in termini preventivi per evitare che una cattiva alimentazione inneschi un circolo vizioso da cui è poi sempre più complesso venire fuori.  


[1] Karakuła-Juchnowicz H, Szachta P, Opolska A, Morylowska-Topolska J, Gałęcka M, Juchnowicz D, Krukow P, Lasik Z. The role of IgG hypersensitivity in the pathogenesis and therapy of depressive disorders. Nutr Neurosci. 2017 Feb;20(2):110-118. doi: 10.1179/1476830514Y.0000000158. Epub 2016 Mar 7. PMID: 25268936.

[2] Eoin, S., Kiran, V. S., Timothy, G. D., & John, F. C. (2016). May the force be with you: the light and dark sides of the microbiota–gut–brain axis in neuropsychiatry. Cns Drugs, 30(11), 1019–1041. https://doi.org/10.1007/s40263-016-0370-3

[3] Johnson, K. V. (2020). Gut microbiome composition and diversity are related to human personality traits. Human Microbiome Journal, 15. https://doi.org/10.1016/j.humic.2019.100069

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