Il cibo è una droga eccezionale, al pari di altre droghe agisce a livello cerebrale, e più l’alimento fa parte dei cosiddetti “cibi spazzatura”, maggiore è il rilascio di dopamina che determina, un neurotrasmettitore che stimola i circuiti del piacere e della ricompensa.
Non si limita a innescare una sensazione transitoria e acuta, ma determina un vero e proprio rimodellamento delle sinapsi, tale da indurre una ricerca sempre più spasmodica sino a vere e proprie crisi d’astinenza.
I termini “droga” e “crisi d’astinenza” non sono usati a caso, e non riguardano (come molti credono) solo gli zuccheri, tanto demonizzati –talvolta in modo improprio-, ma anche i grassi (sui quali si reggono specifiche diete tanto alla moda) che possono agire direttamente alterando il sistema degli endocannabinoidi che regolano, tra l’altro, l’equilibrio energetico e il desiderio di alimentarsi.
Le aree cerebrali interessate dai cambiamenti indotti sono numerose, dall’ippocampo all’amigdala, il corpo striato, i circuiti della corteccia orbito-frontale, ecc. che a loro volta sono coinvolti all’interno di ulteriori processi che correlano con l’apprendimento, la memoria, il comportamento.
Molte diete falliscono perché il soggetto che più ne ha bisogno viene posto all’interno di una situazione di astinenza che non è semplice da gestire, soprattutto per tempi lunghi. La sola restrizione calorica non basta, occorre individuare elementi che compensino gli stimoli del piacere e della ricompensa, perlomeno per ridimensionare gli effetti della privazione di alcuni alimenti o delle loro quantità.
La bulimica ricerca del cibo fa sentire subito bene, non è un caso che sia uno dei principali elementi con i quali si appagano stati d’animo di tensione, sconforto, e proprio quando lo stress è maggiore, controllare una dieta diventa ancor più difficile. Sino a compromettere del tutto i segnali di regolazione di fame e sazietà.
Spaventare i soggetti in sovrappeso elencando i rischi per la salute perde presto d’efficacia, anche di fronte a stadi davvero compromessi. Come ho scritto tempo fa, la maggior parte delle persone in sovrappeso crede che mangiare troppo sia il problema. Ma mangiare troppo non è “tecnicamente” il problema, quanto la strategia che mettono in campo per rispondere e affrontare i problemi.
Occorre trovare modalità alternative, e non dannose (o meno dannose) per stimolare i medesimi circuiti riducendo la necessità costante del cibo, oltre che agire sulla sua distribuzione per ottimizzare i processi di saziamento e sazietà.
Invece purtroppo la risposta a un problema complesso è, da una parte l’industria dei prodotti dimagranti che cerca di prendere all’amo ogni anno quanti più soggetti disperati possa colpire, e dall’altra l’industria del politicamente corretto che, mentre ogni anno muoino circa 2,8 milioni di persone per obesità, 17,9 per infarto, 1,5 per il diabete, invece di investire nel supporto per chi ha bisogno d’aiuto per uscire da una condizione clinicamente di disagio, inscena propaganda per spostare tutto sul solo piano dell’accettazione fisica.
Per saperne di più: Psicobiologia della nutrizione e dei disturbi del comportamento alimentare
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