E’ di queste ore la notizia che Bruce Willis è gravemente malato, la diagnosi è “Demenza Frontotemporale”, una malattia neurodegenerativa per la quale al momento non esiste cura.
Leggo la notizia mentre sto scrivendo un nuovo articolo dedicato proprio alle malattie neurodegenerative e alle implicazioni esistenti con l’attività fisica e l’alimentazione, articolo che uscirà nel numero di aprile 2023 della rivista Scienza e Movimento.
Ho ritenuto potesse essere utile pubblicarne una anticipazione dell’articolo con una specifica parentesi sulla demenza frontotemporale.
Le malattie neurodegenerative: quadro generale e ruolo degli stili di vita
Le malattie neurodegenerative rappresentano un gruppo eterogeneo di patologie del sistema nervoso centrale che hanno come elemento in comune la degenerazione e la morte dei neuroni. A seguito della comparsa e della progressione della malattia è possibile assistere a una serie di segni e sintomi che coinvolgono essenzialmente le funzioni cognitive, il declino da lieve a moderato sino alla franca demenza, alterazioni di tipo motorio, disturbi del linguaggio e dell’equilibrio, alterazioni psico-comportamentali.
Le malattie neurodegenerative hanno frequentemente cause genetiche alla base, e quindi sono suscettibili di familiarità. Tuttavia la presenza di soggetti che hanno sviluppato una malattia degenerativa non rappresenta un automatismo per quanto attiene le generazioni future, la trasmissibilità è infatti legata al parametro di penetranza, ossia la frequenza con la quale l’evento può manifestarsi.
Oltre ai casi legati ad alterazioni genetiche, normalmente con comparsa precoce, e quindi a mutazioni che possono portare al manifestarsi del problema, esistono le manifestazioni cosiddette sporadiche, per le quali non è chiamata in causa una alterazione del DNA.
Sia nei casi di suscettibilità genetica, che nei casi in cui l’elemento genetico non è chiamato in causa, esistono dei fattori di rischio che possono incrementare o ridurre l’insorgere della malattia. Tra i fattori di rischio rientrano certamente gli elementi ambientali e gli stili di vita, pertanto alimentazione e attività fisica possono avere un ruolo diretto e indiretto nella patogenesi delle malattie neurodegenerative.
Malgrado la ricerca abbia approfondito significativamente la conoscenza relativa alle malattie neurodegenerative, non si è ancora giunti a individuare un trattamento farmacologico capace di agire sulle cause interrompendo il processo con una terapia risolutiva. In alcuni casi è possibile individuare trattamenti capaci di controllare alcuni sintomi e ridurre il dolore, in altri purtroppo l’efficacia delle terapie e pressoché nulla e di conseguenza la prognosi tendenzialmente infausta, in altri ancora l’approccio è in grado di rallentare in modo più o meno efficace il progredire dello stato patologico.
Proprio in questo quadro, e in considerazione del rilievo ricoperto dai fattori di rischio ambientali e legati agli stili di vita, diviene di fondamentale importanza intraprendere ogni possibile strategia preventiva. Tanto più, come accennato, che l’intervento per tramite di alimentazione e attività fisica, non solo ha una azione diretta, ma anche una azione indiretta riducendo gli episodi connessi con problemi metabolici e danno vascolare, che spesso sono alla base di un conseguente e successivo processo neurodegenerativo.
Sclerosi laterale amiotrofica, demenza frontotemporale, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, malattia di Huntington, atassia di Friedreich, demenza a corpi di Lewy, malattie da prioni, atrofia muscolare spinale, sono alcune delle più comuni e note malattie neurodegenerative.
Dal momento che solo citarle genera spesso una condizione di timore, ancor più significativamente è necessario sottolineare l’importanza preventiva che, pur con limiti oggettivi, dimostra altrettanto oggettivamente il suo potenziale, e individua nella corretta alimentazione, frequente attività fisica, controllo del peso corporeo, dei parametri pressori e dell’assetto lipidico e metabolico, gli alleati da arruolare.
Principali caratteristiche delle malattie neurodegenerative
La principale caratteristica delle malattie neurodegenerative è la loro irreversibilità, il danneggiamento delle strutture nervose infatti non può essere riparato, dal momento che le cellule nervose fondamentalmente non vanno incontro a replicazione. Sebbene le malattie neurodegenerative coinvolgano sia la rete vascolare del sistema nervoso centrale, che le cellule gliali con funzione di sostegno, sono proprio i neuroni quelli che vanno incontro a un processo di progressiva e irreversibile degenerazione, che si conclude con la morte delle cellule coinvolte come conseguenza di numerosi possibili eventi.
Le cellule neuronali inoltre hanno caratteristiche e funzioni differenti fra loro, come differenti possono essere le modalità comunicative che sfruttano una ampia serie di neurotrasmettitori. Quindi, a seconda delle cellule target coinvolte, si determinerà una differente manifestazione clinica, tipica di una specifica malattia degenerativa, concetto che va sotto il nome di: vulnerabilità selettiva.
Altro elemento comune è il processo che innesca l’avvio della malattia, caratterizzato da un accumulo di aggregati proteici, che possono essere localizzati in comparti cellulari differenti. Gli aggregati proteici sono anche uno dei principali target di intervento delle terapie farmacologiche, al netto naturalmente della loro modesta efficacia. Il fatto che buona parte delle manifestazioni cliniche insorga in età avanzata (pur con le dovute eccezioni) è anche determinato dal fatto che il tempo che intercorre tra l’inizio del processo di accumulo degli aggregati proteici e la manifestazione clinica della malattia è in genere lungo. Un ulteriore elemento è dato dal fatto che il danno vascolare concorra in maniera significativa sia nei processi di declino cognitivo che nella manifestazione biologica della malattia, e in genere anche il danno vascolare segue un processo che richiede ampi periodi di tempo. Pertanto è più frequente la comparsa in età adulta, ed è conseguentemente determinante un’attività preventiva da avviare con largo anticipo, rendendo gli stili di vita sani e attivi prima possibile.
La Demenza Frontotemporale
La demenza frontotemporale è una patologia neurodegenerativa rara che colpisce il cervello, in particolare i lobi frontali e temporali, deputati al controllo delle funzioni cognitive e comportamentali che quindi vengono progressivamente compromesse.
I sintomi d’esordio sono proprio il cambiamento del comportamento, seguito da una più o meno rapida perdita delle funzioni cognitive. Sono riscontrabili apatia, disinibizione, impulsività, iperfagia, perdita di iniziativa e interesse, cui segue la perdita della memoria, disorientamento spaziale, incapacità di eseguire attività quotidiane e compromissione del linguaggio.
Le cause della demenza frontotemporale, come per buona parte delle malattie neurodegenerative, non sono ancora del tutto note, ma anche in questo caso si parla di un concorso di elementi genetici e ambientali. A livello genetico sono coinvolte mutazioni sui geni C9orf72, MAPT e GRN[1], coinvolti nella produzione di proteine associate alla malattia.
Tra i fattori ambientali, si ritiene che l’esposizione a sostanze tossiche e l’assunzione di droghe e alcol possano contribuire significativamente allo sviluppo della demenza frontotemporale. E’ possibile definirla una malattia rara, dal momento che si riscontra nel 2%-3% delle persone con demenza, e tendenzialmente riguarda persone di età superiore ai 45 anni (normalmente riscontrata tra i 45 e i 65 anni d’età). In Italia si stima che ci siano circa 50.000 i pazienti affetti da demenza frontotemporale.
Attualmente non esiste una cura ma terapie in grado di rallentare più o meno efficacemente la progressione della malattia e di alleviare i sintomi, in particolare l’impiego di terapie che agiscono sul neurotrasmettitore serotonina (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), o l’impiego di litio e antipsicotici. Accanto alla terapia farmacologica trova ampio impiego la fisioterapia, la logopedia e la terapia occupazionale.
La prevenzione e il trattamento per mezzo di alimentazione e attività fisica
Come sin qui più volte esposto, non è possibile agire totalmente in termini preventivi nei confronti delle cause genetiche che determinano la comparsa delle patologie neurodegenerative. Tuttavia, soprattutto quelle percentualmente più diffuse, come la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica, possono essere largamente influenzate da elementi legati agli stili di vita modificabili sia in termini di esordio che in relazione alla severità della manifestazione e progressione, oltre che nel trattamento non farmacologico legato alla sintomatologia. Se per un verso quindi le malattie neurodegenerative a comparsa più precoce e con minore aspettativa di vita, sono meno influenzabili in termini preventivi, quelle maggiormente diffuse possono maggiormente beneficiare delle azioni precocemente intraprese.
Nel dettaglio gli elementi sui quali agire sono: l’obesità, il diabete, l’ipertensione, il fumo di sigaretta, l’assunzione di alcol, l’esposizione a sostanze tossiche, la diversità microbica intestinale [2], il contrasto dello stress ossidativo.
Per chi volesse saperne di più:
Disponibile da subito
1 – Articolo: nutrizione e attività fisica per l’efficienza cognitiva in età adulta
2 – Video lezione sul contrasto al declino cognitivo
Disponibile da aprile 2023
1 – il numero 32 di scienza e movimento
2 – una video lezione sul tema (iscriviti al mio canale youtube e attiva le notifiche per non perderla)
Disponibile da maggio
1 – Il 10 maggio sarò relatore per una serata dedicata al tema delle malattie neurodegenerative e all’importanza di alimentazione e attività fisica a San Giorgio di Piano (BO), l’accesso è gratuito.
[1] Boeve BF, et al. Characterization of frontotemporal dementia and/or amyotrophic lateral sclerosis associated with the GGGGCC repeat expansion in C9ORF72. Brain. 2012 Mar;135(Pt 3):765-83
[2] Burberry A, Wells M F, Limone F, et al. C9orf72 suppresses systemic and neural inflammation induced by gut bacteria. Nature 582, 89–94 (2020).
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